La Legge Fornero ha lasciato scontenti partiti, sindacati e, ovviamente, lavoratori. Un’età pensionabile troppo allungata, infatti, rischia di creare più danni che benefici. Il Governo ha cercato di mettere una pezza con il pensionamento APE, una misura che, paradossalmente, è stata subito posto al centro di numerose polemiche. Cosa si può dire oggi, a quasi un anno dalla sua introduzione? Ecco una panoramica dei suoi risultati che, purtroppo, sono tutt’altro che soddisfacenti.
I risultati dell’APE
APE è l’acronimo di Anticipo Pensionistico. E’ una misura che consente di andare in pensione a 63 anni di età e 20 anni di contribuzione, quindi con svariati anni di anticipo (più di tre). Fin qui, tutto ok, nel senso che è proprio questa la direzione auspicata dalle parti sociali.
Peccato che il nodo delle risorse sia stato giudicato talmente stretto da paventare la necessità di un sostegno da parte delle banche. In estrema sintesi, a finanziare la misura sono stati chiamati gli istituti finanziari. Con il risultato che la pensione, ovviamente nella parte compresa tra l’uscita dal mondo del lavoro e la maturazione dei requisiti secondo la Legge Fornero, si è trasformata in un prestito da erogare mensilmente. Un prestito con degli interessi, è bene specificare. Insomma, chi sceglie il pensionamento APE è costretto, per quello che evidentemente ritiene un suo diritto, a sborsare tra il 2 e il 5,5% di interessi annui.
L’APE è entrato in vigore il 1° maggio, per giunta in una sua versione “beta”, denominata “Sociale”, rivolta a categorie specifiche come disoccupati e donne. Di recente è stata ampliata anche a tutti i lavoratori nati nel 1954 o prima.
I primi risultati, ovviamente circoscritti alla variante “Sociale”, permettono di assegnare un giudizio a una misura così controversa. Ebbene, i risultati sono negativi, quindi anche il giudizio, per quanto provvisorio, non può che essere considerato tale.
Il problema risiede nell’elevatissimo numero di domande respinte. Si parla del 64,89% di richieste rigettate. In termini assoluti, sono state accolte solo 13.601 domande su 39.721 (425 sono ancora al vaglio). I numeri estremamente piccoli, poi, danno una chiara idea di quanto scetticismo ci sia intorno alla misura.
Perché l’anticipo pensionistico sta andando male
L’APE, nelle speranze del governo, sarebbe stata una misura in grado di rilanciare non solo il tema del pensionamento, ma anche quello dell’occupazione giovanile (che ha trovato uno sbocco nella nuova politica di sgravi). Essa, infatti, è frenata proprio dal fatto che gli attuali posti di lavoro sono forzatamente presidiati da lavoratori che, in passato, sarebbero in pensione da un pezzo.
Perché l’APE non sta funzionando? A quanto pare, è un problema di severità della fase istruttoria. Una severità che rivela la vera essenza del pensionamento APE, quella di prestito. In quanto tale, i richiedenti vengono sottoposti a un esame intenso.
Tuttavia, è innegabile che, stando alla situazione attuale, l’APE rischia di diventare un gigantesco flop. Le istituzioni stanno correndo ai ripari: il Ministero del Lavoro ha fornito un nuovo orientamento interpretativo per ciò che concerne la fase istruttoria, un orientamento che punta sull’autocertificazione, sull’allentamento dei vincoli e sulla garanzia di accettazione anche per chi, attualmente, è senza reddito.