Pensione integrativa: pro e contro

Pensione Integrativa

La previdenza pubblica è sotto attacco a causa dei vincoli di bilancio. La riforma delle pensioni, se da un lato ha conferito stabilità al sistema economico, dall’altro ha ridotto il potere di acquisto dei futuri pensionati. Non stupisce che in un contesto di questo genere la pensione integrativa acquisisca una importanza sempre maggiore. Almeno per un aspetto, la pensione integrativa conviene, nel senso che punta a soddisfare un’esigenza: riservare per la propria vecchiaia una pensione degna di questo nome, che superi le ristrettezze derivanti dal regime contributivo. La previdenza “altenativa” pone in essere dinamiche particolari, vanta certamente dei vantaggi ma soffre di alcuni difetti. Ecco una panoramica esaustiva ma completa.

Le opportunità della pensione integrativa

Oltre alla possibilità di aumentare il proprio reddito una volta usciti dal mondo del lavoro, la pensione integrativa si distingue per alcuni elementi positivi. In primo luogo, è possibile dedurre fino a 5.164 euro dai propri redditi dichiarati. Si segnala inoltre un certo margine di azione nella gestione del Tfr. Se si ricorre ai Piani Individuali Pensionistici (e non ai fondi pensione), non si è obbligati a versare il proprio Tfr.

L’aliquota fiscale è agevolata. Se il piano dura meno dai 15 anni in giù, le tasse sulla liquidazione corrispondono al 15%. Per ogni anno successivo al quindicesimo si sottrae lo 0,3% dall’aliquota, fino a giungere alla soglia minima, che è pari al 9%.

Per il resto, i vantaggi della pensione integrativa consistono nella possibilità di far fruttare l’eventuale liquidità in eccesso. Oltre che una opportunità “previdenziale”, è infatti una occasione di investimento, che si distingue per l’elevata redditività.

Previdenza integrativa: gli svantaggi

La cattiva notizia è che la pensione integrativa rappresenta un investimento a rischio. D’altronde si tratta di capitale investito nei mercato, senza l’ala protettrice dello Stato. Certo, l’esperienza dei gestori fa la differenza e offre garanzie ma il grado di sicurezza non raggiungerà mai quello della previdenza pubblica. Il risultato però è ovvio: non sempre la pensione integrativa conviene

Alla categoria “svantaggi” si ascrivono anche i costi. Sottoscrivere un Piano Individuale Pensionistico o aderire ai fondi pensione comporta una spesa più o meno ingente. I contratti prevedono informative specifiche a riguardo, quindi avviene tutto alla luce del sole. In particolare, va prestata attenzione ai costi di gestione, ma anche a quelli di ingresso, di uscita, di frazionamento etc. Insomma, alla fine della fiera, il gioco vale la candela, ma non per tutti.

Va da sé, poi, che una volta versato il denaro non è più possibile ritirarlo. Questa non è una novità, dal momento che accade anche ai contributi dell’INPS. Sebbene lo strumento possa apparire da un certo punto di vista come un prodotto di risparmio o di investimento, si tratta pur sempre di un prodotto previdenziale e ha una sua intrinseca rigidità.

A dire il vero, i PIP (Piano Individuali Pensionistici) prevedono alcuni casi eccezionali nei quali il cliente può ritirare il denaro: dopo 8 anni dall’apertura del piano, se si è inoccupato per più di due anni, se sopraggiungono malattie gravi. Se il cliente decede, il piano ovviamente si interrompe e l’importo va tutto agli eredi. Si può concludere che la pensione integrativa conviene, nonostante qualche difetto.