L’esame di avvocato è l’ultimo scoglio che chi ha studiato legge deve superare prima di esercitare la professione. E’ un ostacolo che, almeno nell’immaginario collettivo, è arduo da superare. E’ davvero così? Alcune recenti ricerche hanno fatto luce su questo argomento. Ecco una piccola ma esauriente guida sull’esame di avvocato e qualche numero in grado di dare una idea della reale difficoltà delle prove.
Cosa fare prima dell’esame di avvocato
Prima di cimentarsi nell’esame di avvocato è necessario percorrere alcuni passaggi. Chi ha deciso di intraprendere questa strada li conosce, ma chi, magari da studente delle superiori, sogna un giorno di diventare avvocato forse ne è, per ora, all’oscuro.
Ovviamente, prima di fare l’esame di avvocato, è necessario laurearsi in legge. Nello specifico il percorso giusto consiste nel corso di laurea magistrale a ciclo unico in giurisprudenza (codice LM). La sua durata è di cinque anni e sostituisce il corso di laurea in giurisprudenza vecchio ordinamento (codice DL).
Ovviamente, il percorso di formazione non si conclude con la stretta di mano del presidente di commissione di laurea. Dopo aver terminato, si spera con profitto, la carriera universitaria, è ora della pratica forense. Il neolaureato deve esercitare per almeno 18 mesi la professione presso uno studio che abbia almeno cinque anni di attività alle spalle. Affinché la pratica vada a buon fine, e il praticante acquisisca i requisiti necessaria per accedere all’esame di avvocato, deve partecipare ad almeno 20 udienze.
In alternativa, è possibile frequentare e diplomarsi presso una scuola di specializzazione. La durata del corso è di dodici mesi.
Riforma esame avvocato: niente più codici commentati
A questo punto, l’aspirante avvocato è pronto, almeno dal punto di vista dei requisiti, per l’esame. In che cosa consiste veramente?
La prima fase consiste in tre prove scritte. Le prime due si compongono di pareri legali su argomenti normati dal codice civile e dal codice penale. La terza è rappresentata dalla stesura di un atto giudiziario a scelta tra tre proposti, ciascuno dei quali riguarda rispettivamente il diritto privato, il diritto penale e il diritto amministrativa. Le tre prove si tengono in tre giorni diversa e ognuna non può durare di sette ore.
Di recente, e di preciso a maggio del 2016, è stata introdotta una novità: non è possibile fare uso, in sede di esame scritto, dei codici commentati, ma solo dei codici nudi e crudi. Insomma, viene meno agli esaminandi un auto che, in linea di massima, può essere definito provvidenziale.
La prova orale, infine, consiste in domande che non sono a scelta della commissione, bensì vengono estratte di fronte al candidato da un database telematico. In passato era la commissione a preparare i quesiti.
Infine, qualche numero per farsi una idea della difficoltà dell’esame di avvocato. Ebbene, a livello nazionale, è ammesso alla prova orale il 47,14% dei partecipanti. La corte più virtuosa è quella di Brescia (65,23%), seguita da Trieste (63%), Firenze e Caltanissetta (62%). Fanalini di coda sono, invece, Campobasso (27%), Trento (32%), Roma (39%). Queste percentuali vengono fornite direttamente dalle Corti di appello e sono aggiornate al 3 luglio 2017.