Freelance: come pagare poche tasse

Freelance

I freelance hanno un problema, d’altronde condiviso con buona parte dei lavoratori: le tasse. La pressione fiscale in Italia alta da tutti i punti di vista ma per i liberi professionisti può raggiungere livelli al limite della sostenibilità. Ciò vale anche per coloro che hanno effettuato una precisa scelta: non aprire una partita Iva. Esercitare liberamente la propria professione senza una partita Iva è pienamente legale, sia chiaro, e non deve essere considerato un modo per entrare nel circolo vizioso del lavoro in nero.

Le alternative “fiscali” per i freelance non sono sempre foriere di opportunità. Esiste un modo per pagare, a certe condizioni, poche tasse. Ecco qual è.

Freelance: le opzioni per chi non ha la partita IVA

L’assenza della partita Iva, che di per sé è collegata a un sistema di fatturazione semplice – legata appunta all’Imposta sul Valore Aggiunto, pone in essere alcuni interrogativi dal punto di vista fiscale. Ufficialmente è obbligatoria, eccetto che in due casi.

Nel primo, il freelance non esercita una professione in modo abituale. Il legislatore ha stabilito una soglia al di là della quale si perde lo status di “lavoratore occasionale”: 5.000 euro di guadagni lordi all’anno. Per chi guadagna cifre inferiori, il regime più adatto è la ricevuta di prestazione occasionale, che va redatta a ogni pagamento. Non è un’opzione favorevole: la tassazione infatti si attesta al 20%. Inoltre occorre allegare una marca da bollo di 2 euro per tutti gli importi superiori a 77 euro.

Il secondo caso riguarda coloro che fanno ricordo alla cessione dei diritti d’autore. E’ proprio questo il regime favorevole. In primo luogo, a differenza della ricevuta di prestazione occasionale, non è sottoposta al limite dei 5.000 euro, quindi può essere, di fatto, utilizzata anche da coloro che operano in maniera abituale. Secondariamente, a determinate condizione, la tassazione è davvero bassa.

La condizione è l’età. Il freelance non deve aver compiuto 35 anni di età. Se il requisito di “vecchiaia” viene rispettato, la tassazione è la stessa, 20% ma cambia la base imponibile, che dal 100% passa al 60%. La matematica non è un opinione, quindi l’aliquota finale risulta essere del 12%. Per gli ultra-trentacinquenni la base imponibile è comunque del 75%.

Free lance Italia: gli svantaggi della cessione del diritto d’autore

La cessione del diritto d’autore è a tutti gli effetti una tipologia contrattuale mediante la quale un professionista cede la proprietà della propria opera a un altro soggetto. Viene utilizzata frequentemente nel campo del giornalismo, del marketing e della pubblicità.

Il trattamento previdenziale, e questo è un punto di debolezza, incontra alcune difficoltà. Se l’autore è iscritto a una delle Casse dei Professionisti (es. INPGI per i giornalisti) l’obbligo contributivo si rifà semplicemente alle norme della cassa. In caso contrario, il lavoratore non ha nessun obbligo ma non ha nemmeno diritti previdenziali.

Infine, una specificazione. I redditi ottenuto tramite la cessione dei diritti d’autore vanno considerati, in sede di compilazione del 730 o del Modello Unico, come redditi da lavoro autonomo. Vanno elencati nella voce “Altri redditi”, precisando la deduzione forfettaria.