L’industria 4.0: l’apocalisse dei lavoratori?

industria 4.0

Il concetto è relativamente nuovo, ma visto che siamo nel XXI secolo si è diffuso a macchia d’olio in un paio di anni e, anzi, sta per diventare realtà. Il riferimento è all’Industria 4.0, un approccio alla produzione che crea un punto di rottura rispetto al passato e che minaccia – in bene? – di cambiare per sempre il mondo del lavoro. Un’affermazione eccessiva? Non così tanto, dal momento che è stata annunciata da molti come la quarta rivoluzione industriale. Di seguito, un esaustivo panorama sull’Industria 4.0 e un ragionamento circa l’impatto che eserciterà sulla condizione dei lavoratori.

L’Industry 4.0 in pillole

La prima rivoluzione industriale ha introdotto il concetto di catena di montaggio. La seconda rivoluzione industriale ha introdotto nel processo di produzione l’energia elettrica e il fordismo. La terza ha introdotto il concetto di informatica e ha messo al centro l’informazione e la conoscenza. E la quarta? Cosa promette la tanto famigerata Industria 4.0? Non è facile spiegarlo in poche righe. Tra le tante novità, però, spicca l’introduzione, anzi l’importanza cruciale, dell’IOT, Internet of Things, all’interno del processo produttivo. Le macchine dell’industria 4.0 non solo producono, ma comunicano tra di loro, integrando a un livello superiore fasi e attività che prima erano scollegate.

L’obiettivo è duplice (come minimo): da un lato snellire il processo di produzione, rendendolo meno costoso; dall’altro rendere il processo stesso molto flessibile, in grado di cambiare pelle ogni qual volta che il mercato lo richiede. E’, in un certo senso, l’apoteosi del Just in Time di toyotana memoria, con una grandissima differenza: sono le macchine a esaudire il bisogno di flessibilità, e non più solo la logistica o l’intervento umano. Insomma, automazione ovunque, robot, macchine intelligente e via discorrendo. E l’uomo? Che fine fa il lavoratore?

Il ruolo dell’essere umano nella quarta rivoluzione industriale

E’ una domanda legittima, anzi fondamentale. Una vita senza lavoro, ma con del reddito, è impossibile a un livello massificato. E’ una chimera raggiungibile da pochi, oggi. Quindi è quanto mai aberrante pensare a una rivoluzione industriale che metta da parte l’essere umano. Ebbene, il rischio c’è… Ma fino a un certo punto.

L’intervento umano è necessario anche nell’Industria 4.0, quando essa si sarà diffusa dappertutto. Si tratta, però, di un intervento diverso, se non radicalmente diverso, da quanto siamo abituati a pensare oggi. E’ ovvio che nell’industria 4.0 non c’è posto per l’operaio classico, per il lavoratore immerso nell’operatività. C’è posto, e anzi c’è grande necessità, di teste pensanti. Non di mani, ma di cervelli. Insomma, di progettisti, programmatori, esperti di telecomunicazioni, ingegneri gestionali e via discorrendo. Ecco che l’azione dell’uomo si sposta più a monte, verso l’elemento strategico, se non di supervisione vera e propria.

Ci sarà ancora posto per il lavoratore, questo è certo, se è disposto a cambiare. Niente che non si sia già visto: tutte le rivoluzioni industriali hanno richiesto un cambio di paradigma o, per meglio dire, un aggiornamento del bagaglio di competenze. L’unica differenza con il passato è la seguente: oggi il cambiamento corre veloce, più veloce delle opportunità di formazione. Il rischio è che molti rimangono a piedi. Ecco che la questione fondamentale è formarsi, e formarsi in fretta.