Il colloquio di lavoro di gruppo è un evento stressante, più stressante di quello individuale. All’ansia causata dal doversi confrontare con un eventuale datore di lavoro o il responsabile delle risorse umane, si aggiunge quella che derivante dalla competizione. L’atmosfera vagamente ludica che chi organizza il colloquio spesso ricrea contribuisce a mitigare solo leggermente queste emozioni. Tuttavia, è sufficiente adottare qualche consiglio per uscirne, se non vincitori, almeno con ottime possibilità di “vittoria”. Il trucco sta nel comprendere a cosa realmente serve il colloquio di lavoro di gruppo, dunque rispondere esattamente alle esigenze dell’organizzatore.
Colloquio di gruppo: il vero significato
Perché vengono organizzati i colloqui di gruppo? A monte non c’è solo la necessità di risparmiare tempo, anche perché di solito sono seguiti – per chi sopravvive a una prima scrematura – da interviste individuali. Questo particolare tipo di colloqui serve soprattutto a valutare la capacità dei candidati di lavorare in team, a capire come ciascuno si rapporterebbe ai colleghi nell’ambiente di lavoro. Serve, inoltre, a comprendere come il singolo reagisce alle situazioni di stress. Ogni candidato ha una personalità proprio, uno specifico modo di relazionarsi. C’è il leader, il moderatore, il gregario, l’esecutore, il conciliatore e via discorrendo. Si tratta di scoprire se è compatibile o meno con l’ambiente di lavoro di quella singola azienda.
Certo, il colloquio di lavoro di gruppo è utile anche per valutare le competenze ma è solo una parte, per giunta piccola, della questione. Le evidenze raccolte in sede “collettiva” rischiano di essere troppe sfumate, quindi una loro verifica viene rimandata ai colloqui individuali.
Questa piccola grande verità testimonia l’importanza che le aziende conferiscono al concetto di lavoratore in quanto persona. No, non è una questione di diritti. Semplicemente, vi oggi una maggiore consapevolezza di quanto la compatibilità sia necessaria per raggiungere gli obiettivi all’interno di un team, di come l’ambiente – che si vorrebbe sempre sereno – influisca sulle performance del gruppo.
Colloquio: come emergere
Una volta compreso il reale significato del colloquio di lavoro di gruppo, il passo successivo viene da sé. Quale approccio adottare? In primo luogo, è bene tenere un profilo moderato. Un errore che fanno in molto è dimostrarsi forti, capaci di imporre le proprie idee su quelle degli altri. E’ un errore tutto sommato banale. E’ raro, molto raro, che il colloquio di gruppo venga organizzato per scegliere un manager. Si cerca, dunque, un lavoratore per una situazione che non è certo di comando. L’istinto del leader, per chi ce l’ha, va tenuto ben sopito: le aziende non vogliono grane, non vogliono dipendenti che non stiano al proprio posto.
E’ bene, quindi, tenere un profilo di moderatore, conciliatore. Fa la migliore impressione colui che, con educazione, rispetto e lucidità prende in considerazione le idee di ognuno e cerca di trovare un compromesso, ovviamente proponendo il suo. Le aziende non vogliono “seccatori”, ovvio, ma nemmeno persone “non consapevoli” di quello che accade loro attorno, niente affatto autonome. L’equilibrio è sottile: il rischio è di prendersi eccessivamente la scena, risultando ridondanti e narcisisti. Vale il detto di nonno Libero: “una parola è troppa e due sono poche”. Attenzione, quindi, non solo a quello che si dice ma anche a quanto si dice.
L’importante, in ogni caso, è essere coerenti con il proprio curriculum (che va comunque scritto bene). Se il candidato ha inserito nel cv il riferimento ad alcune caratteristiche peculiari, come per esempio l’attitudine al lavoro di squadra, farebbe meglio a mostrarle in sede di colloquio.
D’altronde l’obiettivo è emergere rispetto agli altri. In quanto persone, certo, ma anche in quanto professionisti. Il consiglio, quindi, è di inserire riferimenti – il più possibile causali – alle proprie conoscenze. Mentre di parla e si discute, dimostrarsi competenti è sicuramente un segnale positivo. Vale sempre la stessa regola: non strafare.