Il tasso di disoccupazione è uno dei parametri macroeconomici più importanti. Offre una panoramica della situazione del lavoro in un dato paese, se non della sua salute economica in generale. E’ al centro di valutazione, polemiche e dibattiti. Insomma, è un termine in uso non solo dagli analisti ma anche dalla gente comune. Pochi, tra i non addetti ai lavori, sanno realmente come si calcola. E’ bene saperlo, in modo da riuscire a interpretarlo al meglio e comprendere in maniera efficace la realtà.
Tasso di disoccupazione giovanile e frizionale
Il tasso di disoccupazione si calcola mettendo in rapporto percentuale (si esegue una semplice divisione e si moltiplica per cento) il numero dei disoccupati e il totale della forza lavoro. Per forza lavoro si intende l’insieme degli individui dai 15 ai 64 anni che hanno una occupazione o la cercano.
Il termine “disoccupati” non dovrebbe necessitare di spiegazione ma in questo ambito appare invece doverosa. Viene considerato disoccupato, infatti, colui che non ha goduto nemmeno di un’ora lavorativa nell’ultima settimana. Ciò vuol dire che se una persona ha lavorato anche solo per un’ora, e magari è stato pagato in voucher, non viene considerata disoccupata.
Si evince che quindi il tasso di disoccupazione non è una misura affidabile, se non nel campo dell’indagine macroeconomica. Nello specifico, non restituisce una panoramica chiara e qualitativamente efficace del mondo del lavoro in un dato paese.
Va considerato, inoltre, che il tasso di disoccupazione è un dato statistico, quindi frutto di uno studio su campione. Non rappresenta la realtà, come farebbe un censimento, bensì un’approssimazione della stessa.
Un altro mito da sfatare riguarda il rapporto con il numero degli occupati. Non è assolutamente vero che se sale l’occupazione il tasso di disoccupazione scende sempre e comunque. Una dimostrazione è stata fornita più volte nel corso del 2016, quando l’Istat ha dichiarato che entrambi i parametri erano salite nel precedente trimestre. Il motivo è “tecnico”, ma comunque di facile comprensione. Il tasso di disoccupazione non considera gli inattivi, ossia coloro che non hanno e non cercano lavoro. Se il numero degli occupati sale, ma allo stesso tempo alcuni individui “escono dalla zona grigia” e tornano a cercare lavoro, aumenta il nominatore e di conseguenza anche il tasso.
Ne consegue che il tasso di disoccupazione non prende assolutamente in considerazione gli inattivi, noti talvolta con il termine “NEET”, che rappresentano comunque un problema che qualsiasi decisore politico deve affrontare.
Vanno tenuti a mente, poi, alcune tipologie di tasso. Il tasso di disoccupazione giovanile si calcola in maniera identica, con l’unica differenza che la forza lavoro si limita agli individui tra i 15 e i 24 anni. Discorso totalmente diverso per la disoccupazione frizionale, che è la disoccupazione provvisoria, causata dal passaggio da un lavoro all’altro (in genere non supera i due mesi).
Tasso di disoccupazione ISTAT: gli ultimi dati
Fatte queste specificazione, è possibile valutare i dati ISTAT, ossia le sue rilevazioni del tasso di disoccupazione. Il terzo trimestre ha fatto segnare un pessimo 11,6% (quella giovanile è al 37,5%). Il trimestre precedente aveva fatto segnare la stessa percentuale (giovanile al 36,8%). I risultato sono molto negativi anche in relazione all’Unione Europea nel suo complesso, che nel terzo trimestre ha registrato l’8,5%, solo un punto percentuale in più rispetto al periodo pre-crisi.